Antonello Fassari: "Il precariato per gli attori? Una realtà"

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  1. annachiara234
     
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    Antonello Fassari: "Il precariato per gli attori? Una realtà"
    L'attore dei Cesaroni spiega: "Per i giovani la situazione è molto difficile soprattutto perché non è semplice trovare continuità. Così non riescono ad essere autonomi e rischiano di smettere"

    Dagli esordi al cinema con Steno al successo sul piccolo schermo della fiction "I Cesaroni", quel che impressiona di più della lunga carriera di Antonello Fassari è la varietà. Teatro, cinema, televisione, radio, musica: tutti i possibili "sentieri" artistici del mondo dello spettacolo sono stati attraversati dal noto attore romano. Noi lo abbiamo incontrato per conoscerlo meglio ma anche per capire i meccanismi di un settore il quale, malgrado quello che sembra, non è privo di carenze e problematiche.
     
    Com'è nata la tua passione per la recitazione?
    Sono il primogenito di una famiglia numerosa di origine siciliana e quando si trattava di recitare le poesie di Natale toccava sempre a me. Poi a 11-12 anni mettevo un tappeto davanti a due sedie per fare il teatrino con i burattini: mi divertivo ad inventare personaggi diversi e a modulare la voce. Ma la prima volta che calcai un palcoscenico fu a 17 anni al Liceo Dante dove, con il gruppo di teatro, mettemmo in scena "Piccola Città" di Thornton Wilder. Dovevo interpretare un maniscalco ubriaco e alla prima rappresentazione, appena entrato in scena, tutto il pubblico mi applaudì. Non me lo aspettavo proprio e fu per me un'emozione fortissima. Dopo il primo anno di giurisprudenza capii che non era quella la mia strada e entrai all'Accademia "Silvio d'Amico".

    Non tutti sanno che sei stato anche il precursore del rap italiano.
    Sì, era il 1982 e, con Lele Marchitelli e Danilo Rea feci questo rap "Roma di notte" che ebbe un grande successo. Fu una bella sfida perché non era semplice capire come trasformare una lingua tronca come l'inglese in una lingua piana come l'italiano. Questo rap fu molto importante per me peché mi aprì praticamente le porte del sabato sera televisivo: fui scelto infatti da Antonello Falqui per lo show di Rai Uno "Al Paradise".

    Com'è cambiato il tuo rapporto con il pubblico dopo "I Cesaroni"?
    Il cambiamento l'ho avvertito con i primi film di Steno, e poi con "I ragazzi della terza C" e "Avanzi" ma con i "Cesaroni" è successo qualcosa che va al di là della riconoscibilità perché sono entrato nelle famiglie, sono diventato una specie di zio nazionale.

    Devi il tuo successo più al talento o alla volontà?
    Vuoi la verità? Fortuna. Certo, devi avere una grande forza di volontà ma devi soprattutto essere fortunato perché puoi essere l'attore più preparato al mondo e non sfondare.

    Hai mai avuto paura che il successo potesse cambiarti in peggio?
    No, perché è arrivato dopo 6-7 anni di teatro.

    Quali sono i problemi che affliggono il mondo dello spettacolo?
    Lo spettacolo si è spostato troppo sulla televisione. Molti spettacoli teatrali assomigliano a delle sit-com senza telecamere. La televisione ha ormai mangiato il resto del mercato perché girano molti soldi grazie alla pubblicità. C'è un problema di gusto televisivo che nuoce al teatro ma anche al cinema, diventato troppo commerciale anche a causa della mancanza di sovvenzioni che ha creato un grave problema di autonomia.

    Pensi che il successo "facile" a cui portano i reality show possa danneggiare la vostra categoria?
    Non ho nessun pregiudizio negativo perché penso siano due campi totalmente distaccati. I protagonisti dei reality hanno un anno di notorietà e poi passano spesso nel dimenticatoio. Se non hannno i piedi per terra rischiano di rimanere in balia di questo successo volatile. Non credo, insomma, che tolgano tutto questo spazio a noi attori come si dice. Poi certo, se i reality tirano fuori gente come Luca Argentero che ha studiato ed è diventato un bravo attore, allora va bene.

    La crescita esponenziale delle agenzie può essere un problema per voi attori?
    Ora ci sono molto più attori di prima quindi le agenzie sono necessarie ma il problema per noi attori è un altro.
     
    Cioè?
    Ormai i casting fanno in parte il lavoro che facevano gli agenti di un tempo. Il problema però, è che, oltre a scegliere, questi casting ricevono spesso delle direttive dalle produzioni che indicano i limiti economici. Un attore considerato fuori budget, quindi, non viene neanche interpellato ma semplicemente scavalcato. Metti che il ruolo è molto bello: l'attore scartato avrebbe anche potuto abbassare le proprie pretese economiche ma in questo modo non lo viene proprio a sapere.

    Ormai il precariato è una realtà di tutti i settori della nostra società. Lo è anche nel tuo mondo?
    Sicuramente per i giovani la situazione è molto difficile soprattutto perché non è semplice trovare continuità. Nel 1986 quando facevo "I ragazzi della terza C" prendevo il minimo che era 1 milione al giorno. Oggi credo che il minimo non arrivi a 1000 euro lordi a posa. Così non riesci ad essere autonomo e al primo "stop" rischi di smettere.

    Ci sono stati momenti bui nella tua carriera in cui hai pensato di cambiare mestiere?
    Molte volte mi sono chiesto se non era meglio se avessi fatto l'avvocato ma per me stare in scena è una necessità, direi che è proprio una questione vitale. Fortunatamente non ho mai "bucato" un anno. Posso essere stato fermo 6-8 mesi ma mai di più. Ripeto, l'importante è riuscire a dare continuità al proprio lavoro. Se devo dire la verità, comunque, io mi sento attore nel senso pieno della parola solo da 4-5 anni: prima avevo ancora troppo da imparare, adesso so gestire meglio i problemi, ho meno paure e mi diverto di più. Ma voglio dire una cosa sul nostro settore...

    Prego.
    Gli attori devono prendere coscienza del loro valore: se hai talento e vai bene fai guadagnare molti produttori. Insomma noi attori dobbiamo capire di essere una grande forza trainante, un grande fattore e spesso questo viene dimenticato.

    Teatro, cinema e televisone. Quale esperienza ti dà più soddisfazioni?
    Secondo me non dipende in che ambito lavori ma come lavori. Cioè questo mestiere si fa bene quando si creano gruppi di lavoro. Ai "Cesaroni", per esempio, c'è un ottimo lavoro di squadra: a noi attori chiedono anche pareri sui futuri copioni, su come evolverà il personaggio... Insomma c'è un confronto continuo.

    E' il teatro che forma maggiormente un attore?
    Credo che, per essere completo, un attore debba passare attraverso tutti e tre gli ambiti: prima si cominciava con il teatro per poi arrivare in televisione, adesso molti nascono direttamente sul piccolo schermo ma si fermano lì. Apprezzo molto gente come Scamarcio o Rossi Stuart che, al di là dei successi al cinema, hanno voluto fare anche teatro.

    Invidi qualcuno nel mondo dello spettacolo?
    Non ho mai sofferto di invidia. Non sono egolatrico: c'è chi ha bisogno di sentirsi al centro dell'attenzione, io non ne ho bisogno.

    Pensi di essere invidiato?
    Non lo so, non mi interessa.

    Devi scegliere: protagonista in una fiction o ruolo secondario in un film d'autore?
    Dipende dal copione. Comunque è difficile che io possa essere protagonista perché non sono un prim'attore, sono un "promiscuo". Certo, c'è da dire che una fiction implica un certo impegno e un certo guadagno. Un film d'autore implica un guadagno che è la metà della metà di quello di una fiction e non tutti possono rinunciare al guadagno di una fiction per fare un film d'autore.

    E tu?
    Sì, me lo potrei permettere ma perché faccio i Cesaroni!

    Tommaso Maggi
     
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0 replies since 15/4/2011, 19:36   47 views
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